Lockdown alla Veneziana
CW: references to COVID-19
Will Winning
Column IV
In January this year, I travelled to Venice to begin a period as a research student attached to Ca’ Foscari University. My arrival in the city coincided almost exactly with the beginnings of the pandemic, and I quickly found myself stuck in a city famous for plague and death. To make the situation even more perfect, I moved from my first flat (in which every kitchen appliance threatened death by electric shock) to a flat next to the hospital and opposite the city’s cemetery on the island of San Michele. Then the lockdown began. It was almost too good to be true.
But once the lockdown ended, the situation changed entirely. The absence of tourists and many of my fellow students gave me the glorious opportunity to experience the beauty and vitality of the city in conditions unparalleled in recent history. In this and the next three articles, I will be describing some of my reflections on the city during that period. Serenissima? I don’t think so!
Scrivendo questo articolo sotto le colonne del Wren Library nel Nevile’s Court a Trinity – uno spazio che mi ha sempre fatto pensare a Venezia – mi viene da riflettere sulle ragioni che mi avevano spinto a trasferirmi a Venezia e come il mio atteggiamento verso i miei studi sia cambiato di conseguenza. Avevo deciso di andare a Venezia per molteplici ragioni, ma soprattutto per avere nuove esperienze. Volevo incontrare diversi professori e studenti, stringere nuove amicizie, scoprire e padroneggiare altri modi di studiare e pensare. Alla fine non tutte queste ambizioni si sono realizzate. Ma in un altro modo sono state soddisfatte a pieno. Benché non ne fossi consapevole, desideravo di fare la mia ricerca in Italia, e in particolare a Venezia, per un motivo specifico, che ora vi racconterò.
In Inghilterra, l’antichità classica tende ad associarsi con l’idea di un mondo irraggiungibile ed estraneo, bello e misterioso, ben lontano dalla nostra quotidianità. Di sicuro, i Romani hanno improntato il Regno Unito, come testimoniano le tante parole che abbiamo ereditato da loro e che usiamo ogni minuto senza rendersene conto. Poi ci sono le tracce visibili dell’Impero Romano sulla terra stessa, come il Vallo di Adriano o le terme di Bath, ad esempio, che ci ricordano di essere appartenuti una volta a un vasto insieme che comprendeva tutta l’Europa e non solo. Ma la cultura classica si esprime diversamente qui nel territorio di un popolo che Virgilio aveva definito come “assolutamete diviso dal resto del pianeta” (penitus toto divisos orbe Britannos). Le radici del patrimonio storico inglese vanno cercate e scoperte: chiunque si interessi ai Greci e ai Romani deve esercitarsi ad avvicinarsi a loro. In Italia, invece, dove le tracce dei Greci e Romani si trovano dappertutto, questo passato è ancora vivo. Grazie alla loro Costituzione, che evidenzia l’importanza di salvaguardare il loro paesaggio e i beni culturali, gli italiani hanno saputo mantenere uno stretto legame con il loro passato, spesso costruendo le loro città intorno ai resti degli edifici romani, i quali rimangono in buona condizione anche oggi.
In certi luoghi in Italia, infatti, il mondo antico sembra quasi sfiorare la vita moderna. Un paradiso per chi studia l’antichità. Trasferirmi in Italia, allora, significava per me un avvicinamento alle culture che mi avevano affascinato sin da bambino, e ho scelto Venezia perché per i miei studi e interessi mi sembrava la città più appropriata.
Venezia, come è noto, è stata per tanti secoli il luogo d’incontro tra la civiltà orientale e quella occidentale del Mediterraneo. Originariamente appartenuta all’Impero Bizantino, man mano è riuscita a sciogliere la presa dall’impero e a ottenere l’indipendenza.
Anche dopo essersi liberata dal dominio bizantino comunque ha avuto l’astuzia di mantenere rapporti stretti con i poteri orientali. Dopo i vari saccheggi di Costantinopoli a Venezia arrivarono preziosi manoscritti contenenti capolavori della poesia antica che altrimenti sarebbero andati persi per sempre. Qui a Venezia fu stabilita da Aldo Manuzio la prima casa editrice a produrre testi ed edizioni di testi in greco su larga scala. Qui collegarono studiosi profughi i quali, diffondendo la conoscenza della lingua greca tra gli intellettuali di Italia, hanno dato un forte impulso al Rinascimento. Uno di loro, il Cardinale Bessarione, ha pure creato la più magnifica collezione di libri antichi del tempo, che dopo la sua morte sarebbe dedicata alla Repubblica veneziana e che oggi si trova nella bellissima Biblioteca Marciana proprio davanti al Palazzo Ducale a San Marco.
La Biblioteca Marciana è una vera e propria miniera di tesori, ma di particolare rilevanza per me è un gruppo di manoscritti che sono importanti testimoni del testo di Omero e a cui fanno riferimento gli studiosi di oggi quando fanno le loro edizioni.
Nei margini di alcuni di loro, a fianco del testo omerico, si trovano commenti antichi, medioevali e bizantini che riportano informazioni preziose che ci aiutano a comprendere il senso e ad apprezzare la bellezza della poesia contenuta nelle loro pagine. Oltre a capire meglio il testo di Omero, questi manoscritti ci consentono di avere un contatto privilegiato con i lettori precedenti del testo omerico, e leggendo le loro osservazioni troviamo spesso che si occupavano delle stesse questioni che affrontiamo noi quando ci confrontiamo con l’Iliade e l’Odissea.
Rintanato nelle biblioteche di Venezia, mi trovai dinanzi a una schiera di figure del passato che avevano approfondito la poesia omerica, i miei antenati, le cui voci mi lasciarono non raramente sbalordito e smarrito. Sfogliando le loro pagine provai la sensazione di aver scoperto una tradizione assolutamente ininterrotta dello studio dei poemi omerici fin dal proprio periodo in cui erano composti fino al nostro presente. Questi manoscritti che raccolgono diverse fasi dello studio omerico rappresentano in effetti una sintesi o magari un simbolo della tradizione classica, che ripercorre i più svariati secoli dai tempi antichi alla contemporaneità. Simboleggiano anche una caratteristica della città a cui appartengono, Venezia, la quale nel giudizio di molti sembra un mosaico greco-romano-medievale-bizantino-rinascimentale fatto da innumerevoli pezzi delle culture più contrastanti – pagana, ebrea, musulmana, cristiana.
Quando si esce dalla Biblioteca Marciana, si incontra subito su un lato della famosa Basilica di San Marco le statue dei quattro tetrarchi, i quattro governanti che controllavano l’Impero Romano dopo il 293 d.c. Entrando nella piazza San Marco e girandosi un po’, si vede la splendida facciata della Basilica incoronata con quattro cavalli, repliche delle statue originali tenute nel museo della Basilica, che sono state portate a Venezia dopo la caduta di Costantinopoli: un intero edificio costruito da tasselli di civiltà passate!
A quindici minuti di distanza dalla Marciana, più a nord dell’isola e a fianco di un’altra biblioteca famosa, la Querini-Stampalia, c’è il Palazzo Grimani, una volta la dimora di una famiglia nobile veneziana oramai sparita. Nei tempi rinascimentali, l’edificio medioevale del palazzo fu ricostruito nello stile contemporaneo per poi diventare, oltre a una casa sfarzosa, sede di una collezione di opere d’arte antica che al tempo era assolutamente senza pari. Oggi, la maggior parte degli oggetti appartenenti ai Grimani è tenuta presso la stessa Marciana nel museo archeologico, dove si può passare ore a guardare le statue e i busti. Spostandosi da una stanza a un’altra si respira l’aria polverosa ed esilarante dei Greci e Romani – e di coloro che hanno voluto imitarli. In mezzo a questi oggetti, provai la stessa sensazione che mi aveva colpito davanti ai libri nelle altre sale della Marciana: il senso di appartenere a una tradizione ampia e ricca, che ci mette in contatto con gli antichi e tutti quelli che si sono incuriositi a loro.
Vedendo la tradizione classica rappresentata negli edifici e nei libri di Venezia, ho capito finalmente quello che prima mi sfuggiva: che pure la cultura britannica appartiene a quel vasto insieme di immagini e idee che chiamiamo “tradizione classica”.
Per quanto non potessi godermi Venezia quanto avrei voluto, le rimarrò per sempre grato per ciò che mi ha regalato. Resta solo da dire: ave, Venetia, sed numquam vale! (Salve, Venezia, ma addio giammai!).
Will Winning is a third year PhD student in Classics at Cambridge. Asides from his studies, he has worked in publishing and is interested in music, travelling, and anything to do with Italy. He spent January to August this year as a visiting student at Ca' Foscari University, Venice.